Con la locuzione “alienazione genitoriale”, generalmente, si intende una grave forma di abuso e prepotenza contro i bambini coinvolti in separazioni conflittuali: tale condotta è stata descritta e precisata quale sindrome psichica, per la prima volta, dallo psichiatra americano Richard Gardner e PAS ne è l’acronimo inglese (Parental Alienation Syndrome) .
Da un punto di vista prettamente giuridico, invece, l’alienazione genitoriale ben può essere definita quale pesante illecito civile consistente nella condotta dolosamente operata da un coniuge, a discapito dall’altro, ed esclusivamente finalizzata alla “demolizione” della contrapposta figura genitoriale, prevalentemente posta in essere nelle more di una separazione ad alto tasso di conflittualità.
Tale illecito, pertanto, si concretizza nelle ipotesi in cui uno dei due genitori venga costantemente privato del rapporto con i figli a causa dei comportamenti tenuti dall’altro genitore: tali comportamenti ostativi ben possono identificarsi con le continue e reiterate denigrazioni, con i persistenti impedimenti all’esercizio del diritto di visita, con la mancanza di collaborazione nella gestione della prole e con il condizionamento, operato sui figli, volto a logorare e disprezzare l’altra figura genitoriale.
Numerose sono, difatti, le recenti pronunce giurisdizionali che hanno specificato come tali illeciti comportamenti siano d’ostacolo alla serenità e distensione della vita familiare, alla corretta, libera e felice crescita della prole e, pertanto, debbano essere sanzionati.
In particolar modo, i giudici di merito hanno chiarito come atteggiamenti filiali di ripudio e di odio nei confronti di un genitore, sorretti da motivazioni generiche ed approssimative ovvero assolutamente immotivati, possano ben esplicare l’illecito dell’alienazione parentale e, dunque, imporre al giudicante di emettere provvedimenti precisi, tra i quali annoverare, in extrema ratio, anche la collocazione del minore presso i servizi sociali (cfr. Trib. Cosenza, 18 Ottobre 2017).
Dell’alienazione genitoriale, altresì, se ne ravvisano, in dottrina e giurisprudenza, connotazioni penali e non mancano i casi nei quali il genitore “alienante” sia stato condannato, anche alla pena della reclusione, per aver costantemente impedito il rapporto del genitore “alienato” con la prole ed aver violato i provvedimenti disponenti l’affidamento condiviso ovvero le modalità di visita (cfr. Cass. Penale, nr. 50072/2016).
V’è da ricordare, comunque, che, così come afferma la Corte di Cassazione, nella valutazione di siffatti e delicati casi assume ruolo preminente l’inviolabile diritto del figlio alla bigenitorialità (cfr. Cass. Civile, nr. 22744/2017).
Quando il nucleo familiare si disgrega, difatti, il diritto del minore al sereno rapporto con entrambi i genitori s’appalesa come intangibile e suscettibile di compressione solo nei casi più gravi ed irreparabili. Il giudicante adito, in tal senso, sarà sempre chiamato a favorire, laddove possibile, l’attuazione del principio della bigenitorialità mediante l’affidamento condiviso, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, incoraggiando lo sviluppo e l’accrescimento di un rapporto equilibrato con entrambi le figure genitoriali.
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